giovedì 28 luglio 2011
La morte degli altri
Quando muore una persona a noi cara, impieghiamo un certo tempo per elaborare la perdita. Ci troviamo molto spesso a ripensare ai momenti trascorsi insieme, facciamo un riassunto mentale della sua vita, riflettiamo su ciò che maggiormente ci ha trasmesso.
Se si tratta di un parente o di un amico è fisiologico impiegare da uno a due anni, prima di riprendere una vita in cui il pensiero della persona smette di permearci nella quotidianità e si limita a ricomparire solo occasionalmente.
A seconda del grado di intimità poi (come ad esempio se si tratta di un genitore o fratello o partner), questo pensiero può anche non lasciarci mai più e tuttavia può trasformarsi da doloroso a indolore e da indolore a una forma interiore di compagnia con cui dialogare.
Proust nel suo grande romanzo (che trovo riduttivo definire romanzo quando si tratta di una grande opera filosofica, oltre che narrativa) A la recherche du temp perdu, si sofferma in diverse parti a descrivere la morte degli altri. In particolare quella della nonna, quella di Bergotte e quella ancora diversa e prematura di Albertine. Parlando di quest'ultima sottolinea come ci tenesse a coltivare quel dolore, perché quando sarebbe finito quel dolore allora anche il suo legame con Albertine sarebbe finito, ed avrebbe pensato alla storia vissuta con lei come a qualcosa di un lontano passato, che fosse capitata ad un altro e non lo riguardasse direttamente.
Dal punto di vista olistico il dolore morale da lutto non è affatto considerato come un sintomo da cancellare, bensì come un patrimonio utile per la crescita di una persona e importante tanto quanto la gioia. Per inciso, anche una gioia grande ed inattesa può causare sintomi stressanti.
Tuttavia se il soggetto dichiara di non riuscire a sopportare questo dolore oppure se questo dolore dura per un tempo troppo lungo e agisce in modo invalidante impedendo alla persona di svolgere qualsiasi attività, allora vale la pena di interrompere questo fenomeno che sembra auto-alimentarsi a spese dell'energia e della vita vera del soggetto.
Ovviamente una valida scelta è la psicoterapia; ma questo termine sottende moltissimi tipi di approccio per i quali rimando ad un futuro capitolo apposito.
I rimedi omeopatici e fitoterapici invece sono quelli che il paziente in condizioni normali (cioè in assenza di altre patologie ed altre terapie per le quali occorre valutare la compatibilità e l'appropriatezza della scelta da parte del medico o dello specialista in materia) può autogestire.
OMEOPATIA
IGNATIA HOMACCORD gocce 10 gocce 2-3 volte al giorno. Servono sia per l'umore che per il sonno.
ACIDUM PHOSPHORICUM
SELENIUM compositum heel
IGNATIA heel compresse
Sepia
Pulsatilla e i vari rimedi di fondo a diluizioni da 200CH in su
FIORI DI BACH:
GENTIAN
MUSTARD
HONEY SUCKLE
STAR OF BETHLEHEM
FITOTERAPIA:
Tiglio
Valeriana
Passiflora
ESCOLZIA ricordando che tiglio ed escolzia a bassa dose sono stimolanti e a dose più alta sono sedativi
MELISSA (controindicata per chi ha disturbi di tiroide)
Ginseng
eleuterococco
rodiola come adattogeni
BIANCOSPINO soprattutto come cardiotonico
OLEA EUROPEA
HYPERICUM (controindicato per chi assume la pillola contraccettiva oltre a tutte le altre controindicazioni: per l'hypericum consiglio di valutare attentamente la posologia con l'aiuto di un esperto)
In sintesi potete consultare i capitoli su depressione ed ansia.
In questo brano ho solo voluto sottolineare lo stato fisiologico della condizione del lutto. Quando diventa patologico spesso non è altro che un mascheramento dei nostri problemi esistenziali che preferiamo non affrontare, attribuendo alla perdita di una persona cara la nostra scelta di rinunciare al presente e bloccarci nel passato.
STOP
Con questo allegro argomento, che ho cercato di alleggerire usando il magistrale fotomontaggio di Gian Boy (da Flickr) sulla repubblica, un disegno astratto di Airosmith (sempre da flickr) e con una dedica alla grande Amy da pochi giorni scomparsa (mio disegno), vi saluto: vado finalmente in vacanza!
Tornerò il 14 agosto e risponderò alle eventuali e varie domande!!!
Intanto auguro ottime vacanze a tutti voi!!!!
mercoledì 20 luglio 2011
MEDITAZIONE SUL CUORE
MEDITAZIONE SUL CUORE
Mettiamoci comodi, magari in pigiama, prima di andare a dormire, e cominciamo a immaginare di fare un viaggio all’interno del nostro cuore, un po’ come avviene nel noto e bellissimo film “Viaggio allucinante”.
(Per chi non lo avesse visto o voglia almeno un’infarinatura della trama:
http://it.wikipedia.org/wiki/Viaggio_allucinante_%28film%29)
Cominciamo a vederci all’interno con uno sguardo d’insieme e poi, sempre con maggiori ingrandimenti.
Immaginiamo di camminare in tutti gli anfratti, immaginiamo soprattutto di riparare delle piccole o grandi ferite (metaforiche ovviamente); immaginiamo di farci cullare in questo ambiente così complesso e così accogliente.
Prendiamoci tutto il tempo che ci serve per conoscerlo, parlarci, sentire se ha delle richieste da fare alla nostra mente. Scoprire se ci identifichiamo più con la mente che con il cuore. Infine rendiamoci conto che non siamo nè l’uno nè l’altro e che solo l’insieme di corpo, mente anima,esperienze vissute, persone con cui ci relazioniamo, etc etc...una grande quantità di componenti formano la nostra attuale individualità!
Riflettiamo anche sui pochi e poveri dati che aggiungo qui di seguito a proposito del cuore.
Tutto questo per fare un esercizio di rilassamento e per migliorare lo stato energetico del cuore; per amare un po’ noi stessi in un modo in più rispetto a quelli che adottiamo di solito (e che spesso sono solo compensazioni, come fare shopping o mangiare fuori pasto).
In molte culture antiche il cuore era considerato la sede dell’intelligenza, oltre che del coraggio e della forza morale e generosità di una persona.
Gli Egizi, quando imbalsamavano i corpi dei defunti, conservavano i principali organi, compreso dunque il cuore, in appositi vasi. Il cervello, invece non veniva conservato. Questo dato serve a farci capire in quale diversa considerazione erano tenuti i due organi!
Dove può essere la sede dell’anima, ammesso che questa entità esista?
Premettendo che io credo esista, mi piace pensare che la sua sede sia diffusa ovunque, fino al più remoto angolo del corpo.
Ma in questa meditazione che riserviamo al cuore, possiamo abbandonarci ad una catena di contemplazioni sull’ “anima del cuore”.
Possiamo soffermarci a osservare la struttura del tessuto cardiaco.
Per fibra muscolare cardiaca si intende una catena di cellule muscolari interconnesse in un unico avvolgimento di sarcolemma. Si distinguono 2 tipi di fibre cardiache: quelle muscolari, che costituiscono un “sincizio”,e quelle del sistema di conduzione che svolgono un ruolo ben preciso nell’attivare la muscolatura cardiaca.
Per sincizio si intende quel tessuto in cui un eccitamento che si origini in qualsiasi zona degli atri o dei ventricoli si propaga a tutte le cellule finchè anche l’ultima venga attivata; il cuore risponde ad uno stimolo con l’eccitamento di tutte le fibre o non reagisce affatto, qualora lo stimolo non abbia superato in nessuna cellula l’intensità di soglia.
Ecco dunque che queste cellule decidono e rispondono all’unanimità!
Nel soggetto sano le cellule cardiache non muoiono mai, se non in seguito ad un insulto esterno.
Nel feto i miociti cardiaci hanno continue apoptosi (come le cellule della maggior parte dei tessuti anche nell’adulto) per riformarsi sempre più forti, fino a raggiungere la perfezione di quello che sarà il cuore “definitivo”.
Il cuore, paragonato al muscolo scheletrico, è una specie di onnivoro, infatti consuma vari substrati,tra cui gli acidi grassi liberi, e può bruciare l’acido lattico. Esso,bruciando l’acido lattico, non solo acquista energia, ma contribuisce anche a mantenere costante il pH del sangue.
sabato 9 luglio 2011
PARODONTITE
PARODONTITE
Riallacciandomi al capitolo Denti-parte terza, ecco qualche nota aggiuntiva sulla parodontite: un disturbo abbastanza diffuso.
Questo disturbo viene definito dall’odontoiatria ufficiale “un processo infiammatorio di origine batterica”.
La lesione parte dalla profondità e procede verso il vertice del dente.
Voglio sottolineare che la parodontite non va confusa con la gengivite: in questo secondo caso l’infiammazione riguarda solo la gengiva e non l’alveolo dentale (cioè l’incavo osseo dove è alloggiata la radice del dente). Si può osservare un certo grado di sanguinamento gengivale e un deterioramento della forma e del colore della gengiva stessa.
Nella parodontite si hanno lesioni all’alveolo ed alle fibre di tessuto connettivo che tengono in sede il dente quindi questa patologia conduce ben presto alla caduta del dente.
Il solco gengivo-dentario, a causa della perdita dell’elasticità dei tessuti, perde la sua capacità di tenuta, diventa più slabbrato e profondo, formando la classica tasca parodontale. In questa tasca possono più facilmente ristagnare i residui di cibo, difficilmente asportabili con la normale igiene dentale quotidiana. Qui, di conseguenza, i batteri possono prosperare indisturbati più facilmente e aumentare quindi il processo di scavo intorno al dente.
In un soggetto normale, con la periodica pulizia fatta dal dentista il fenomeno viene scongiurato o di gran lunga ridotto.
In un soggetto già portatore di parodontite il dentista procederà ad una pulizia più radicale all’interno della tasca parodontale stessa.
Infine, nei casi più gravi, il dentista può intervenire chirurgicamente per rimodellare l’alveolo e rimuovere la tasca.
La medicina ufficiale è orientata ad intervenire chirurgicamente e farmacologicamente con l’uso di sciacqui a base di clorexidina e antibiotici.
In realtà i batteri normalmente ritenuti responsabili di questa patologia non producono questo effetto in tutti i soggetti, bensì in un certo numero di casi. Secondo studi risalenti già agli anni ‘80, la causa non è dovuta ai microrganismi ma alle condizioni dell’ospite (cioè in questo caso l’uomo). Infatti il problema dipende da una iper-reazione del sistema immunitario nei confronti di questi batteri. Un po’ come abbiamo visto a proposito delle allergie dove troviamo un sistema immunitario iper-attivo.
In base a questi dati, la presenza della placca batterica non ci dice che certamente ci ammaleremo di parodontite.
Certo la presenza della placca è uno dei fattori di rischio ma non il solo nè tanto meno il principale.
I principali fattori di rischio sono :
--lo stress psichico (lutti, gravi depressioni, neurastenia, ecc ecc)
-- presenza di altre patologie croniche-metaboliche come ad esempio diabete, anoressia e bulimia (che io personalmente classifico come metabolici perché dato che rientrano nei disturbi PNEI, investono l’intero metabolismo)
--tutte le condizioni di alterata risposta del sistema immunitario, compreso l’uso prolungato di farmaci come i cortisonici, la pillola,e tanti altri compresi molti analgesici e stupefacenti.
--Un’errata alimentazione e trascurata igiene dentale.
TERAPIE CONSIGLIATE:
agopuntura, fitoterapia e omeopatia.
Per quanto riguarda l’agopuntura questa volta non vi indicherò dei punti per la digitopressione ma consiglio l’intervento del medico agopuntore.
Per quanto riguarda la fitoterapia consiglio di fare quotidianamente sciacqui con l’infuso di una delle seguenti piante:
PLANTAGO, CAMOMILLA, EQUISETO, HAMAMELIS., AESCULUS IPPOCASTANUM, SALVIA, ROSMARINO, ECHINACEA.
Ce ne sono di certo molte altre ma ho preferito citare in ordine di scelta quelle che io stessa consiglio più spesso.
Un’ottima alternativa è quella di fare degli sciacqui con acqua e succo di limone.
Per quanto riguarda l’omeopatia si può prendere il rimedio più adatto secondo la situazione personale.
Non starò ad elencarli tutti!!! Quelli di più frequente prescrizione sono Mercurius solubilis e corrosivus, Phosphorus e tutta la serie fosforica, Zincum metallicum, Calcarea fluorica ecc.
Come rimedi omotossicologici :ARNICA COMPOSITUM e PARODONTIUM COMPOSITUM in associazione a degli ottimi drenanti come LYMPHOMYOSOT e GALIUM.
domenica 3 luglio 2011
IDROTERAPIA
IDROTERAPIA
diverse volte ho accennato a cure che possiamo fare anche in casa con applicazioni di un panno o un asciugamano intriso di acqua fredda.
Ecco arrivato il momento di dare alcuni cenni dell’idroterapia secondo Kneipp.
Con l’uso del panno imbevuto e strizzato nell’acqua fredda e quindi applicato su diverse parti del corpo, viene distribuito un sottile strato di acqua che crea un gradiente (una differenza) termico tra la pelle e il panno stesso, attivando il microcircolo periferico e dunque anche un drenaggio; il tutto si svolge in un ambiente umido, cosa che facilita la fuoriuscita attraverso la pelle di diverse sostanze tossiche e il distacco di cellule morte dell’epidermide.
E questo non è che uno dei tanti aspetti che riguardano il funzionamento di questa tecnica.
Secondo il metodo Kneipp
i “lavaggi”, oltre alle frizionature o impacchi con il panno intriso, possono essere bagni parziali o totali, con acqua fredda o calda, o prima calda e poi fredda, docciature e impacchi o bagni con l’aggiunta di altri materiali come il sale, l’aceto di mele, decotti o infusi di erbe ecc.
Fatti regolarmente, i lavaggi hanno un effetto armonizzante sul sistema neurovegetativo; stabilizzano la termoregolazione (molto utili delle malattie reumatiche) e migliorano le difese immunitarie. Possono favorire il sonno o abbassare la febbre.
Gli orari migliori per effettuare i lavaggi sono la mattina presto o la sera.
Se dopo il lavaggio non ci si asciuga si avrà un effetto maggiore.
Mai fare un lavaggio sulla cute fredda. Lo scopo del lavaggio è il riscaldamento reattivo (a riposo o in movimento); insieme ad esso si avrà un effetto sul sistema neurovegetativo che porta alla rigenerazione e all’acquisizione di energia.
Per darvi un piccolo antipasto di questa materia, ecco un lavaggio facile da eseguire e utile per un problema che riguarda quasi tutti seppure occasionalmente: la stritichezza e/o il transito rallentato.
LAVAGGIO ADDOME
INDICAZIONI: stitichezza, gonfiore (meteorismo), disturbi digestivi in generale; disturbi del sonno.
NON VA EFFETTUATO IN CASO DI: infezioni delle vie urinarie, sensazione di freddo, brividi; ovviamente non dopo i pasti!
TRATTAMENTO
Prendete un panno di lino o un’asciugamano da bidè piegato in modo da ottenere una superficie di 30x60 cm;
predisponete un catino di acqua fredda (a temperatura ambiente).
Quando avrete preso l’abitudine di fare questo trattamento ogni giorno, potrete progressivamente usare acqua sempre più fredda, fino a 18° (meno non ve lo consiglio comunque).
Immergete il panno nell’acqua e quindi strizzatelo; collocate il panno su un supporto vicino al lettino insieme a tutto l’occorrente per proseguire comodamente con le applicazioni.
Ora potete sdraiarvi su un lettino o una stuoia , piegate le gambe e prendete il panno intriso nell’acqua fredda e strizzato.
Passate il panno sull’addome molto lentamente, facendolo girare in senso orario; come punto di partenza si prende la zona di destra all’altezza del giro-vita, quindi si sale verso il fegato, ma senza arrivare alle costole, si gira verso il centro, si scende verso sinistra all’altezza sello stomaco, si scende ancora girando verso il centro sotto l’ombelico ma senza arrivare all’osso pubico, si gira di nuovo verso destra e si sale di nuovo in direzione del fegato.
Dopo 5 di queste lente rotazioni, senza alzarvi: basta sollevarvi a sedere, bagnate di nuovo il panno, strizzatelo, sdraiatevi ed ripetete queste cinque rotazioni per un totale di quattro volte: in tutto avrete fatto 20 rotazioni del panno in quattro blocchi da cinque.
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Informazioni personali
- Marina Salomone
- Mi occupo di terapie olistiche dal 1983. Hobby principale il disegno: sono su Flickr sotto il nome di Marina Salomone
per chi fosse interessato a trattare questi argomenti in maniera più appofondita c' è sempre il mio sito web ufficiale: www.GurudiTamara.com