2° stadio =carente eritropoiesi; sideremia
Nell’organismo il Fe può essere presente soltanto legato a molecole organiche. Infatti, ioni Fe++ risulterebbero potenzialmente tossici, in quanto, reagendo con l’O2 darebbero luogo a radicali liberi. Gli ioni Fe+++, d’altro canto, formerebbero composti insolubili. L’assorbimento, il trasporto e l’immagazzinamento di Fe richiedono dunque l’intervento di proteine specializzate: transferrina e ferritina. La transferrina agisce da carrier reversibile; promuove la captazione del Fe da parte delle cellule con cicli di endocitosi.
Nell’apparato gastrointestinale il recettore per la transferrina è stato evidenziato nell’epitelio e nelle cripte di duodeno, ileo, colon. L’espressione del recettore aumenta in carenza di Fe e diminuisce in casi di sovraccarico. L’organismo non possiede alcuna via di escrezione del Fe, e tende quindi a stabilire un’omeostasi per la disponibilità di questo elemento, regolandone l’assorbimento dietetico. Da questi dati si può concludere che a livello della parete intestinale il recettore per la transferrina svolga un ruolo chiave nell’assorbimento del Fe.
La ferritina è, invece, una forma endocellulare di accumulo di Fe. Si tratta di una proteina dotata di una cavità interna nella quale il Fe si trova come precipitato insolubile. Le piccole quantità di ferritina glicosilata presenti nel plasma sono correlate all’entità dei depositi di Fe, sebbene un aumento della proteina circolante possa essere dovuto anche a danno tissutale per episodi infiammatori o neoplasie.
La carenza di Fe può causare una riduzione della catalasi, enzima molto importante nella lotta ai radicali liberi.
Profilassi
Carenza di Rame (Cu) Il contenuto di Cu nel latte umano è modesto e suscettibile di diminuzione, anche notevole, nel corso dell’allattamento. Nel lattante a termine le scorte epatiche di Cu sono sufficienti al fabbisogno fino all’introduzione nella dieta di alimenti diversi dal latte ad alto contenuto di Cu. La sindrome da carenza di Cu, comprendente anche anemia sideroblastica e neutropenia, tipica del pretermine , può verificarsi anche nel lattante a termine sottoposto ad una prolungata dieta lattea esclusiva (viene somministrato x os CuSO4 alla dose di 2 mg/Kg/die.). Per il prematuro il miglior alimento è il latte materno che rispetto al latte della madre che ha partorito a termine (“latte maturo”) permette un più rapido aumento del peso, dell’altezza e della circonferenza cranica, in quanto contiene più calorie, più grassi, più proteine, più Na, più IgA e meno lattosio, Ca, P, rispetto al latte maturo. In alternativa i latti formulati per i prematuri sono superiori al latte maturo. C’è anche una carenza di VitE nel prematuro pertanto la prima scelta va al latte materno che si è mostrato superiore al latte adattato nel prevenire l’anemia da carenza di vitE, in quanto il latte materno, oltre ad una più favorevole composizione lipidica ha un contenuto di vitE superiore al latte maturo.Nell’impossibilità dell’allattamento materno occorre scegliere un latte adattato con un rapporto vitE/ PUFA maggiore o = a 1. La terapia consiste nella somministrazione di vitE 10UI/Kg/die (alte dosi sono pericolose per la possibilità di enterocolite necrotizzante e sepsi, che si possono realizzare per una deficiente attività battericida dei polimorfonucleati a quest’età. L’ossidazione dei lipidi cellulari è catalizzata dal Fe, un elemento capace di generare radicali liberi, per cui la somministrazione di Fe, praticata per prevenire l’anemia tardiva del pretermine di origine Fe-carenziale, non è indicata prima del 2° mese.
Il prematuro ha una scorta ridotta di folati. La biodisponibilità di folati nel latte umano è assai superiore a quella dei latti formulati. Il fegato del prematuro, di minore volume rispetto a quello del neonato a termine, contiene una scorta di Cu insufficiente a far fronte alle richieste di un organismo in rapido accrescimento , ma la supplementazione di Cu nel latte formulato si è dimostrata inutile.
Svezzamento. Per il Fe il periodo di vita più critico è il 1° anno di vita. L’introduzione di cibi diversi dal latte prevede dapprima l’uso di cereali, poi 4°-5° mese (nei paesi occidentali) l’introduzione (considerata precoce ma utile ) (((sulla quale io non sono d'accordo))) della carne e del pesce. Normalmente viene assorbito l’1-7% del Fe contenuto in cereali e legumi, il 10-25% di quello contenuto in carne e pesce e l’1-2% di quello contenuto in riso e spinaci. Il Fe contenuto nell’uovo è scarsamente assorbito. Tra l’altro sembra che l’assorbimento del Fe contenuto nei vegetali venga potenziato se contemporaneamente si assume la carne in quanto alcuni peptidi formano complessi con i fitati impedendo a questi ultimi di chelare il Fe. La vitC è in grado di fare aumentare di 2-3 volte la biodisponibilità del Fe non eme (=di origine vegetale). Al pari della carne esso è in grado anche di contrastare l’effetto negativo di eventuali inibitori dell’assorbimento, presenti nello stesso pasto. Meccanismi ipotizzati sono la riduzione del Fe+++ a Fe++, forma fisiologicamente maggiormente assorbibile e formazione di complessi con il Fe nello stomaco e nel digiuno per cui il Fe viene assorbito insieme alla vitC. Entrambi questi meccanismi fanno sì che il Fe rimanga allo stato solubile. Tuttavia una supplementazione per 24 mesi con ac ascorbico, somministrata ad individui con normale stato del Fe non si traduce in alcun effetto clinico. Al contrario, l’effetto è clinicamente rilevante quando la dieta consiste in cibi contenenti Fe non-eme o il soggetto è già in stato di Fe-carenza. Altri acidi organici sono in grado di aumentare l’assorbimento del Fe di 2-4 volte. In particolare l’ac malico (mele e altra frutta), l’ac tartarico (vino bianco), l’ac lattico (crauti). l’ac folico (detto anche vit B9) favorisce anch’esso l’assorbimento del Fe; esso è il precursore dell’ac Folinico che svolge un ruolo importante nella sintesi purinica e pirimidinica ed è indispensabile per la sintesi del DNA specie a livello del sistema emopoietico. La vit B12, tra le sue azioni ha anche quella di accelerare la maturazione dei globuli rossi : ricordiamo che la fonte ottimale sono le uova e il pesce.
Un effetto inibente sull’assorbimento del Fe hanno invece i polifenoli contenuti nei vegetali, il tannino contenuto nel té, caffè, e anche in diverse piante astringenti e fitoterapici (es Hamamelis); il Ca contenuto nel latte e anche come farmaco, la soia e i fitati contenuti nella crusca.
Consideriamo ora il ragazzo e l’adulto. Nella pubertà aumenta drasticamente il fabbisogno di Fe. Il fabbisogno è circa 15 mg/die nei maschi, mentre nelle femmine l’aumentato fabbisogno è più modesto e graduale. Tuttavia può essere assimilato a quello dei maschi dal menarca in poi, perché devono recuperare il Fe perduto con il sangue mestruale. Esistono obiezioni all’uso delle fibre nei bambini. La prima è il ridotto apporto calorico, la seconda è che le fibre possono influenzare negativamente l’assorbimento di minerali essenziali, questo quando i cereali siano l’unica fonte alimentare. Il lievito usato per la produzione del pane è capace di degradare i fitati. Carenza di B12. Poiché la B12 è immagazzinata soprattutto nel fegato ed ha un turn-over molto limitato, se un soggetto adulto passa a una dieta vegetariana la vit di deposito gli è sufficiente per molti anni. Se invece la dieta vegetariana è iniziata nei primi mesi o se vi è allattamento materno con madre vegetariana, l’insorgere nel lattante del deficit di B12 è inevitabile.
Talassemia
La talassemia major, che è principalmente un’anemia secondaria a ridotta produzione emoglobinica, è causata anche da una componente complementare di tipo emolitico da parte della milza. Non può quindi sorprendere che nella talassemia la splenectomia (= asportazione della milza) non sia in grado di correggere completamente l’anemia. L’asportazione della milza può tuttavia tradursi in un aumento dell’Hb-emia e in una diminuzione del fabbisogno di trasfusioni.
Anemia dei prematuri è molto simile a quella in corso di insufficienza renale cronica (IRC), derivando da una ridotta produzione di EPO piuttosto che dall’assenza o da alterata funzione dei precursori eritroidi. Il ridotto livello dell’ormone è giustificato dall’incapacità del rene immaturo nel produrre l’ormone quando si instaura alla nascita il cambio della produzione epatica a quella renale.
Porfirie sono un gruppo di malattie ereditarie poco conosciute. Comportano sintomi comuni a tante altre malattie. Sono legate ad una ridotta attività, nelle cellule, di uno dei molti enzimi della catena biosintetica dell’eme. Si tratta di un complesso ferroso necessario per la formazione dell’Hb. Durante la nascita del complesso ferroso si formano anche le porfirine, sostanze che nel soggetto normale sono in giusta quantità e che vengono eliminate naturalmente attraverso le feci e le urine. In chi soffre di porfiria, invece, c’è una sovraproduzione di queste sostanze e , di conseguenza, un accumulo ed un’escrezione superiori alla norma. Le porfirie sono suddivise in acute e non acute. A seconda del difetto enzimatico le porfirine di troppo si accumulano in alcuni distretti dell’organismo, soprattutto: (1) nei globuli rossi; (2) nella pelle; (3) nel fegato. Solo una parte viene eliminata sotto forma di (a) protoporfirine, (b) uroporfirine, (c) coproporfirine. Le (a) , che sono liposolubili, vengono espulse soprattutto con le feci; le (b), idrosolubili, vengono espulse con le urine, e le (c) sia con le feci che con le urine. La loro eliminazione, però è insufficiente a liberare totalmente l’organismo perché la quantità di porfirine prodotta è decisamente in eccedenza e gli organi bersaglio dell’accumulo ne fanno perciò le spese. Porfiria acuta intermittente è quella più frequente. Non provoca sintomi che si manifestano sulla pelle, ma dolori addominali anche molto forti. Ulteriori sintomi possono essere: Una stanchezza generalizzata inspiegabile. Formicolii localizzati a mani e piedi; nelle forme più gravi può verificarsi una paralisi degli arti o, addirittura, un vero e proprio blocco della respirazione. Nelle forme più leggere, invece, i sintomi possono essere quelli di altre malattie e per questo la porfiria non viene riconosciuta. Le porfirie acute sono malattie toxogenetiche, cioè determinate da un errore nel patrimonio genetico presente dalla nascita, ma scatenato da una sostanza tossica. L’elenco delle sostanze a rischio è lungo. Citiamo ad esempio barbiturici, pillola contraccettiva, progestinici, antiepilettici, alcuni anestetici locali usati dai dentisti. Porfiria Variegata è una forma acuta che determina sintomi sia a livello della pelle, sia neuroviscerali. Le porfirine si accumulano nella pelle determinando un’ipersensibilità alla luce. I sintomi cutanei sono caratterizzati da formazione di bolle, erosioni, croste che compaiono prevalentemente nelle zone esposte ai raggi solari. I sintomi neuroviscerali sono invece del tutto simili a quelli della porfiria acuta intermitente. Coproporfiria ipofisaria. E’ una forma acuta che associa sintomi di tipo cutaneo come quelli della porfiria variegata e sintomi neuroviscerali. E’ molto simile alla variegata e la differenza è solo di tipo biochimico, in quanto con la coproporfiria si ha una maggiore quantità di coproporfirine nelle feci. Altri rischi: gli attacchi possono manifestarsi anche in seguito a un intervento chirurgico, una malattia che provoca febbre, un digiuno protratto.
Porfiria cutanea tarda. Cosiddetta perché colpisce le persone in età avanzata, è la forma più frequente tra quelle non acute nel nostro paese. E’ caratterizzata da un’eccessiva produzione ed accumulo di porfirine e determina sintomi cutanei come fragilità della pelle (soprattutto sul dorso delle mani), formazione di bolle, erosioni, croste. Altro sintomo caratteristico è la presenza di una peluria nella zona degli zigomi. Nella maggioranza dei casi, inoltre, la porfiria cutanea tarda si associa a una malattia che colpisce il fegato, che può essere dovuta a un’epatite di origine virale (70% dei casi), ma anche a un abuso di alcool o di farmaci. In alcuni casi, chi soffre di porfiria cutanea tarda può avere anche valori molto alti di ferritina.
IL Morbo di Ghunter è un tipo di porfiria molto rara, che solitamente si manifesta sin dai primi giorni di vita. Uno dei primi segnali è l’emissione di urine molto scure (pannolino macchiato come con macchie di vino) perché contenenti grosse quote di porfirine. La pelle, come nelle forme eritropoietiche, è bersaglio della malattia e con l’esposizione solare si copre di bolle, erosioni e croste. Sono spesso coinvolte anche le mucose, con la comparsa di congiuntiviti gravi legate alle reazioni che avvengono tra i raggi UV e le porfirine che si depositano sulla cute e che scorrono nel sangue. Il volto è afflitto da una peluria così importante che nel passato i pazienti venivano chiamati “bambini scimmia”. Nel morbo di Gunther, come nella porfiria eritropoietica, la prima cosa da fare è proteggere la pelle dall’esposizione ai raggi UV.
Protoporfiria Eritropoietica . L’attività enzimatica ridotta si verifica soprattutto a livello degli eritrociti, sede di maggior produzione ed accumulo. Il tipo di porfirine prodotte in eccesso sono le protoporfirine. Questa forma compare fin dai primi anni di vita dopo un’esposizione solare, e i sintomi principali sono concentrati sulla pelle esposta agli UV sotto forma di prurito, bruciore, arrossamento e gonfiore. Con il passare del tempo, il ripetersi di episodi di porfiria determina un danno cronico della pelle, che si manifesta con un aumento di spessore e anche con la comparsa di una sorta di trama interna che la fa assomigliare ad un mosaico. La misura da adottare è quella di proteggersi dai raggi UV con tutti i mezzi e assumere come integratore BETACAROTENE.
Emofilia Quando un vaso sanguigno viene danneggiato e si produce un’emorragia, si attivano all’inizio le piatrine che formano una sorta di tappo per arrestare il sanguinamento. Al primo soccorso delle piastrine, detto emostasi primaria, segue un altro processo, l’emostasi secondaria al termine del quale si trova la fibrina che rende solido e stabile il tappo emostatico. L’emofilia è una malattia ereditaria a carattere recessivo legata ad una mutazione genica sul cromosoma X, che si determina a causa della carenza o dell’assenza di fattori specifici della coagulazione, lungo la cascata di eventi enzimatici che interessano le proteine plasmatiche nell’emostasi secondaria. Così si distinguono 2 tipi di emofilia. L’emofilia A, di gran lunga prevalente, con deficit del fattore VIII , e l’emofilia B con deficit del fattore IX.
Leucemia mieloide cronica
La malattia colpisce intorno ai 50 anni. Progredisce attraverso 3 fasi:
1= fase cronica, che può durare diversi anni prima di evolvere verso la fase accelerata;
2= fase accelerata, che dura da 6 a 9 mesi;
3= crisi blastica, con una sopravvivenza ddi 3-6 mesi.
Fitoterapia
E’ stato scoperto che una pianta che cresce spontanea nel Nord America, simile alla comune margherita è in grado di annientare selettivamente le cellule staminali maligne della leucemia mieloide. Si tratta del TANACETUM PARTHENIUM, noto da secoli per abbassare la febbre e per l’emicrania e l’artrite. Il partenolide è stato studiato o confronto con la citarabina: non solo è risultato più selettivo contro le cellule leucemiche ma ha addirittura fatto ipotizzare di essere più efficace di altri chemioterapici. Per ora è in fase sperimentale (destinato a essere opportunamente trasformato in estratto e usato in farmacologia).
Leucemia mieloide acuta E’ una grave forma di tumore ematico potenzialmente fatale.
Osteopetrosi
MALATTIE CONNESSE (che tra le complicanze comportano anemia e/o disturbi del sangue)
INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
Nell’insufficienza renale cronica (IRC) è solitamente presente un’anemia normocromica normocitica che può ridurre la qualità di vita dei pazienti. Il persistere del quadro anemico, inoltre, può avere effetti negativi sul sistema cardiocircolatorio, favorendo una ipertrofia ventricolare sx, una riduzione della viscosità ematica e una diminuzione delle resistenze vascolari periferiche. L’eziologia dello stato anemico è multifattoriale, ma uno dei fattori più importanti è rappresentato dall’inadeguata produzione renale di eritropoietina (EPO). E’ stata infatti documentata una correlazione diretta tra severità dell’anemia e grado di insufficienza renale. Il 10% della quantità totale di EPO è prodotta dal fegato in condizioni di severa ipossia, ma, sfortunatamente, la produzione epatica non può essere significativamente aumentata per compensare la perdita della produzione renale. L’EPO è presente nel plasma a conc di 5-20 mU in condizioni normali. Numerose condizioni che riflettono in gran parte le alterazioni dell’apporto di O2 ai tessuti possono influenzare la produzione di EPO. Dopo essere stata prodotta, l’EPO è immediatamente rilasciata, dal momento che il rene non possiede la capacità di riserva dell’ormone. L’ipossia sembra essere il principale stimolo per la sintesi de novo da parte del rene. Nei casi di ridotto apporto e/o aumentata richiesta di O2 i livelli di EPO aumentano, mentre livelli molto ridotti sono presenti in caso di aumentato apporto e/o diminuita richiesta di O2 (feed-back comprendente la formazione degli eritrociti e l’apporto tissutale di O2). In questo sistema l’elemento principale è il cosiddetto sensore dell’O2, verosimilmente rappresentato da una proteina contenente il gruppo eme. Il sensore per l’O2, che rileva le variazioni tissutali di ossigenazione è situato a livello renale. Disordini che causano ipossia tissutale come anemia, malattie croniche ostruttive, shunt cardiaco sx, provocano un aumento della concentrazione di EPO. In media un soggetto normale dispone di 1,7 L di midollo attivo che produce al giorno 2x1011 eritrociti. I livelli sierici di EPO presentano un ritmo circadiano con valori più bassi al mattino rispetto alla sera. L’acetazolamide riduce la produzione di EPO in risposta all’ipossia. Il trattamento con ACE-inibitori influenza negativamente l’eritropoiesi negli emodializzati. Anche la teofillina riduce l’attività dell’EPO. Il rilascio di IL1, TNF-alfa e beta potrebbe essere causa della diminuita produzione di EPO nei pazienti con anemia da malattie croniche. Al contrario, inappropriati livelli di EPO sono stati ritrovati in alcuni disordini del midollo osseo quali sindrome mielodisplasica, mielofibrosi, anemia aplastica, AIDS in trattamento con zidovudina e nei pazienti con neoplasie in trattamento chemioterapico. L’EPO stimola l’eritropoiesi senza influenzare la leucopoiesi.
ARTRITE REUMATOIDE con anemia secondaria
EMOSTATICI E CICATRIZZANTI
Contro la diatesi emorragica usare: ACHILLEA MILLEFOLIUM, VACCINUM MYRTILLUS, CHICORIUM INTIBUS, ARCTOSTAPHILOS UVA URSI, POTENTILLA ERECTA O TORMENTILLA, SECALE CORNUTUM. EQUISETO . Thuya in forma omeopatica contro emorragie interne ed esterne. SYMPHITUM nelle emorragie del naso e dei polmoni.VINCA MINOR nelle metrorragie.
STOP
ok...quindi Lei vorrebbe dire che la "fasciatura con panno di acqua fredda" e' una CURA che consiglia in caso di anemia (anche genetica)?? e' uno scherzo?? lo sa che x me (malata di microdrepanocitosi) fare una cosa del genere utilizzando ad esempio acqua ad una temperatura di 10° vorrebbe dire poter andare incontro ad una crisi vaso-occlusiva?....e quindi anche ad un ulteriore abbassamento dell'Hb?
RispondiEliminaPer quanto riguarda la splenectomia, per favore mi dica a quale prezzo cio' avviene? vivo (e devo dire anche benissimo e forse meglio di prima) da 2 anni senza milza...senza per altro avere i GRAVI e PERMANENTI effetti collaterali di cui parLa...e Le assicuro che la mia postura e' PERFETTA!
Sicuramente ci sono anche cose vere in quello che scrive, ma dovrebbe utilizzare dei termini piu' corretti e pensarci bene prima di dare consigli di questo tipo che potrebbero causare anche sintomi gravi.
Anna
Chiedo scusa per il ritardo con cui rispondo , in quanto, per motivi che ignoro, non mi è arrivata la posta su questa casella. Oggi, curiosa del fatto che non mi arrivava posta che aspettavo, sono andata a vedere sul web, ed eccomi. La ringrazio per il commento che mi aiuta a ribadire dei concetti fondamentali. (1) Ho detto a inizio capitolo che per le anemie importanti, ereditarie o no, consiglio come prima scelta la cura allopatica. Quindi non mi permetterei mai di dire ad una persona "lei non assuma farmaci, rinunci alla chirurgia e faccia solo un impacco freddo!!!" Poi ho aggiunto che un simile trattamento è di sostegno anche nelle anemie importanti ed ereditarie: dico sostegno, e in diversi casi ho assistito a grandi miglioramenti. (2) non c'è nessuna crisi vasocclusiva, perchè con il sistema che ho spiegato non si ottiene un raffreddamento del corpo, anzi. Ho precisato il rapporto tra temperatura della stanza e dell'acqua e sottolineato che il paziente si copre bene: questo trattamento è una sorta di microsauna ed è rivitalizzante. A livello neurovegetativo non porta alcuno scompenso.(3)I , pochi in verità, splenectomizzati che ho incontrato hanno una marcata piegatura a sx della colonna vetrebrale e torsione in avanti delle vertebre lombari alte. Tutto ciò provoca scompensi nelle catene muscolari e dolori agli arti inferiori. La milza è un organo importante, non certo un optional, per cui la sua mancanza comporta il fatto che le sue normali funzioni non possono essere del tutto delegate all'intera rete del tessuto connettivo. I globuli rossi non vengono più distrutti a quella velocità: questo è il vantaggio, ma le sue funzioni immunitarie vengono perdute: questo secondo lei non è un danno permanente? Certo che vanno soppesati i pro e i contro di un intervento e la moderna chirurgia spesso incoraggia interventi non strettamente necessari. Nel suo caso ha fatto benissimo e il suo buon stato, di cui mi rallegro, lo conferma.
RispondiEliminaMa non mi sento avventata nelle mie affermazioni. Grazie e spero di risentirla